Come
corteccia orbitofrontale e ippocampo creano mappe
cognitive
ROBERTO COLONNA
NOTE E
NOTIZIE - Anno XXII – 26 aprile 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La corteccia
orbitofrontale, particolarmente studiata per il ruolo essenziale nel
processo decisionale[1] e l’ippocampo,
da sempre considerato la struttura più importante per la memoria e
l’apprendimento, intervengono nella formazione di mappe cognitive e
nella loro generalizzazione in schemi. Il modo in cui queste due regioni
del cervello interagiscono tra loro per l’attuazione di questa funzione rimane
enigmatico e l’interpretazione degli esiti sperimentali rimane controversa.
Alcuni ricercatori hanno avanzato l’ipotesi di una fisiologia sequenziale,
proponendo questo modello seriale: la corteccia orbitofrontale disegna
su compiti di rappresentazione creati dall’ippocampo per estrarre elementi
chiave in termini comportamentali. Altri ricercatori hanno concepito un modello
di elaborazione parallela: la corteccia orbitofrontale e l’ippocampo,
elaborando simultaneamente, costruiscono rappresentazioni che caratterizzano i
diversi tipi di informazione.
Wenhui Zong e colleghi coordinati da Geoffrey Schoenbaum hanno condotto una sperimentazione per
verificare entrambi i modelli e cercare di comprendere come realmente avviene
l’interazione tra le due strutture per la formazione di mappe cognitive e di
schemi paradigmatici dell’agire mentale.
(Zong
W. et al., Hippocampal output suppresses orbitofrontal cortex schema
cell formation. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-025-01928-z, 2025).
La
provenienza degli autori è
la seguente: Intramural Research Program of the
National Institute on Drug Abuse, Baltimore, MD (USA); State Key Laboratory of
Cognitive Neuroscience and Learning, Beijing Normal University & Chinese
Institute of Brain Research, Beijing (Cina); Concordia University, Montreal,
Quebec (Canada); University of Alabama Birmingham, Birmingham, AL (USA).
La corteccia orbitofrontale e l’ippocampo sono
entrambi associati da molto tempo al processo di formazione di costrutti
mentali, convenzionalmente denominati “mappe cognitive”, che consentono un
comportamento adattativo in situazioni in cui la novità o l’incompletezza
dell’informazione non consentono di fare affidamento sulle esperienze
pregresse. Sebbene la denominazione “mappa cognitiva” sia stata adottata
tradizionalmente per descrivere il processo compiuto dall’ippocampo per
costruire una mappa dello spazio ambientale o per indicare altre dimensioni
informazionali in rapporto con la memoria, si ritiene oggi che costituisca il
modo migliore per definire con precisione l’attività compiuta dalla corteccia
orbitofrontale nel rilevare e registrare le componenti e le relazioni che
definiscono il mondo che ci circonda, particolarmente in quanto rilevanti per i
nostri scopi comportamentali o i propositi in un particolare stato o contesto
di realtà.
Come si è già accennato introducendo l’argomento, il
modo in cui la corteccia
orbitofrontale e l’ippocampo agiscano per formare mappe cognitive
e per generalizzarle in schemi è oggetto di dibattito in seno alla
comunità neuroscientifica, e le due visioni prevalenti e contrapposte sono
rappresentate, rispettivamente, da un modello di attività seriale e da un
modello di attività in parallelo. Geoffrey Schoenbaum,
Wenhui Zong e colleghi
hanno condotto una sperimentazione su ratti, per testare i due modelli,
chiedendosi come i correlati di schema nella corteccia orbitofrontale
dei roditori sarebbero stati interessati dall’inattivazione dell’output
dell’ippocampo, dopo l’apprendimento e durante il trasferimento tra
problemi.
I ricercatori hanno rilevato
che la prevalenza e i contenuti dei correlati di schema non risultavano
minimamente alterati inattivando una delle principali aree di output
dell’ippocampo, ossia il subicolo ventrale,
dopo l’apprendimento. Si è invece accertato che l’inattivazione durante il
trasferimento accelerava la formazione dei correlati di schema.
Questi risultati supportano
la tesi che corteccia orbitofrontale e ippocampo operino in parallelo, per
estrarre elementi differenti per la definizione delle mappe cognitive e degli
schemi.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-26 aprile 2025
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[1] Si veda l’articolo
contestualmente pubblicato: Note e Notizie 26-04-25 Discussione sul ruolo
della corteccia orbitofrontale nelle decisioni.